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- Greenpeace: 90 associazioni chiedono la riduzione emissioni agricole.
- Zootecnia responsabile di oltre i 2/3 dell'ammoniaca nazionale.
- Allevamenti intensivi causano quasi il 17% del PM2.5.
un grido d’allarme
In data odierna, 30 settembre 2025, gli attivisti di Greenpeace hanno manifestato davanti alla FAO a Roma, inscenando una protesta simbolica contro gli allevamenti intensivi. L’azione dimostrativa, che ha visto i partecipanti rinchiudersi in gabbie, ha voluto focalizzare l’attenzione pubblica sulle problematiche connesse a questo modello di produzione zootecnica. La protesta si è svolta nel giorno di apertura dei lavori della seconda conferenza mondiale sulla trasformazione sostenibile dell’allevamento delle Nazioni Unite. Durante la manifestazione gli attivisti hanno esposto cartelli con slogan diretti: “Fattorie, non gabbie”, “Stop allevamenti intensivi” e “Cambiamo sistema alimentare, ora!”. L’organizzazione ambientalista ha lanciato un appello, sottoscritto da oltre 90 associazioni, per sollecitare i governi a ridurre le emissioni agricole e a promuovere una transizione verso sistemi alimentari basati sull’agroecologia. Greenpeace ha evidenziato come la zootecnia industriale contribuisca all’inquinamento delle acque, all’impoverimento dei suoli e all’accelerazione del riscaldamento globale, denunciando l’inerzia dei “giganti della carne e dei latticini” nel promuovere soluzioni realmente efficaci. L’evento si svolge poche settimane prima della COP30 sul clima in Brasile, dove è attesa una significativa partecipazione di lobbisti del comparto agricolo. La protesta di Greenpeace rappresenta un’ulteriore evidenza della crescente preoccupazione per l’impatto ambientale e sociale degli allevamenti intensivi, un tema che sta guadagnando sempre più spazio nel dibattito pubblico e politico.
Il modello agricolo italiano è messo in discussione. L’evento odierno, a Roma, non rappresenta solo un momento di contestazione, ma un vero e proprio atto d’accusa nei confronti di un sistema produttivo che presenta criticità sempre più evidenti. La concentrazione degli allevamenti, spesso in aree geografiche ristrette, genera un impatto ambientale significativo, con conseguenze dirette sulla qualità dell’aria, delle acque e del suolo. Il dibattito si concentra sulla necessità di individuare alternative sostenibili, capaci di garantire la produzione di alimenti di qualità, nel rispetto dell’ambiente e del benessere animale. La protesta di Greenpeace alla FAO è solo l’ultimo atto di una battaglia più ampia, che vede contrapporsi visioni diverse sul futuro dell’agricoltura. È in gioco la definizione di un modello produttivo capace di rispondere alle esigenze di una popolazione in crescita, senza compromettere le risorse naturali e la salute del pianeta.
Conseguenze ambientali, sanitarie ed etiche degli allevamenti intensivi
Gli allevamenti intensivi, pur rappresentando una componente rilevante del settore agricolo italiano, presentano una serie di criticità che ne mettono in discussione la sostenibilità. L’impatto ambientale, in particolare, è un tema di crescente preoccupazione. Gli allevamenti intensivi contribuiscono in modo significativo all’inquinamento atmosferico, attraverso l’emissione di ammoniaca e la formazione di polveri sottili. L’ammoniaca, derivante dalla decomposizione delle deiezioni animali, si combina con altri inquinanti presenti nell’aria, formando particolato fine, un inquinante atmosferico particolarmente dannoso per la salute umana. Le polveri sottili sono responsabili di patologie respiratorie e cardiovascolari, oltre a contribuire all’aumento dei decessi prematuri. La concentrazione di allevamenti in determinate aree geografiche aggrava ulteriormente il problema, determinando un carico eccessivo di inquinanti nell’ambiente.
Il settore zootecnico è tra i maggiori responsabili delle emissioni di ammoniaca, rilasciando oltre i due terzi del totale nazionale. Questo dato evidenzia la necessità di interventi mirati per ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti. Le deiezioni animali contengono elevate quantità di composti azotati che, se utilizzati in modo improprio come fertilizzanti, possono contaminare il suolo e le falde acquifere. L’accumulo di azoto nel terreno supera la capacità di assorbimento delle piante, causando la dispersione di nitrati nelle acque, con conseguenze negative per l’ambiente e la salute umana. L’italia è sotto procedura di infrazione da parte della commissione europea per il mancato adeguamento alla direttiva nitrati, un’ulteriore evidenza della gravità del problema. Le emissioni di ammoniaca prodotte dagli allevamenti intensivi si combinano con ossidi di azoto e zolfo, dando origine a polveri fini, pericolose per la salute umana. L’Italia occupa la seconda posizione nell’Unione Europea per numero di decessi anticipati dovuti all’esposizione al particolato fine. Gli allevamenti intensivi sono responsabili di quasi il 17% della produzione di PM2.5, superando anche il settore industriale, che si attesta al 10%. In regioni come la Lombardia, caratterizzate da un’elevata concentrazione di allevamenti, la percentuale di emissioni di ammoniaca attribuibile al settore zootecnico raggiunge l’88% del totale regionale.
L’impatto degli allevamenti intensivi non si limita all’inquinamento atmosferico e delle acque. Questo modello produttivo comporta anche un elevato consumo di risorse naturali, in particolare di acqua e mangimi. La produzione di mangimi, destinati all’alimentazione degli animali, richiede l’utilizzo di vaste superfici agricole, spesso sottratte alla produzione di alimenti per il consumo umano diretto. La dipendenza da colture come mais e soia, utilizzate per l’alimentazione animale, contribuisce alla deforestazione e alla perdita di biodiversità in altre regioni del mondo. Il consumo di acqua per l’irrigazione delle colture destinate all’alimentazione animale rappresenta un’ulteriore criticità, soprattutto in un contesto di crescente scarsità idrica. Inoltre, le condizioni di allevamento intensivo possono favorire la diffusione di malattie infettive, richiedendo l’uso profilattico di antibiotici. L’abuso di antibiotici negli allevamenti contribuisce all’aumento della resistenza batterica, un problema globale che minaccia l’efficacia dei farmaci utilizzati per curare le infezioni negli esseri umani.
Le condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi sono spesso oggetto di critiche da parte delle associazioni animaliste e dei consumatori. Gli animali sono costretti a vivere in spazi ristretti, senza la possibilità di esprimere i propri comportamenti naturali. La mancanza di stimoli ambientali e sociali può causare stress e sofferenza negli animali, compromettendone il benessere. Alcuni studi suggeriscono che i prodotti derivanti da allevamenti intensivi potrebbero avere una qualità nutrizionale inferiore rispetto a quelli provenienti da sistemi più sostenibili. Le diverse condizioni di allevamento e alimentazione degli animali possono influenzare la composizione dei grassi, la presenza di vitamine e minerali e il contenuto di antiossidanti nella carne, nel latte e nelle uova.

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Alternative sostenibili: allevamento estensivo, agroecologia e riduzione del consumo di carne
Di fronte alle criticità degli allevamenti intensivi, si pone la necessità di individuare e promuovere alternative sostenibili, capaci di coniugare la produzione di alimenti di qualità con il rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Tra le opzioni più promettenti, si segnalano l’allevamento estensivo, l’agroecologia e la riduzione del consumo di carne. L’allevamento estensivo si basa sull’allevamento di animali all’aperto, con ampi spazi a disposizione e un’alimentazione basata principalmente su pascolo. Questo modello ha un impatto ambientale inferiore rispetto all’allevamento intensivo, in quanto riduce la dipendenza da mangimi prodotti industrialmente e favorisce la conservazione della biodiversità. Gli animali allevati in sistemi estensivi hanno la possibilità di esprimere i propri comportamenti naturali, migliorando il loro benessere. Tuttavia, l’allevamento estensivo presenta anche alcune sfide, tra cui la minore produttività per capo e la maggiore dipendenza dalle condizioni climatiche. Per superare queste sfide, è necessario adottare pratiche di gestione del pascolo appropriate, che evitino il sovrasfruttamento del suolo e favoriscano la rigenerazione della vegetazione.
L’agroecologia rappresenta un approccio integrato all’agricoltura, che mira a creare sistemi resilienti e sostenibili, basati sulla diversificazione delle colture, la conservazione del suolo, la riduzione dell’uso di input esterni e la promozione della biodiversità. Nell’ambito dell’allevamento, l’agroecologia promuove sistemi misti, che integrano la produzione animale con quella vegetale. Ad esempio, l’utilizzo di leguminose per l’alimentazione animale consente di ridurre la dipendenza da fertilizzanti azotati di sintesi, mentre la rotazione delle colture migliora la fertilità del suolo e riduce la necessità di pesticidi. L’agroecologia può contribuire a ridurre l’impatto ambientale dell’allevamento, a migliorare la resilienza delle aziende agricole ai cambiamenti climatici e a creare nuove opportunità di reddito per gli agricoltori. La riduzione del consumo di carne rappresenta un’altra strategia fondamentale per ridurre l’impatto ambientale del sistema alimentare. Una dieta più ricca di vegetali, legumi e cereali integrali ha un’impronta ecologica inferiore rispetto a una dieta basata sul consumo eccessivo di carne. Ridurre il consumo di carne, soprattutto quella proveniente da allevamenti intensivi, consente di liberare risorse preziose, che possono essere utilizzate per la produzione di alimenti per il consumo umano diretto. Inoltre, una dieta più ricca di vegetali ha benefici per la salute umana, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro.
Politiche agricole e sostegno alla transizione verso un modello sostenibile
La transizione verso un modello agricolo più sostenibile richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, dei produttori e dei consumatori. Le politiche agricole nazionali ed europee devono incentivare l’adozione di pratiche agricole sostenibili, attraverso finanziamenti mirati, incentivi per la conversione all’agricoltura biologica e all’agroecologia, e la promozione di filiere corte e trasparenti. È necessario rivedere il sistema di finanziamenti pubblici all’agricoltura, privilegiando le aziende che adottano pratiche sostenibili e che contribuiscono alla tutela dell’ambiente e del benessere animale. La PAC (Politica Agricola Comune) deve svolgere un ruolo centrale nel sostenere la transizione verso un modello agricolo più sostenibile, attraverso misure che incentivino la diversificazione delle colture, la conservazione del suolo, la riduzione dell’uso di pesticidi e la promozione della biodiversità. La ricerca e l’innovazione tecnologica possono contribuire a sviluppare soluzioni innovative per ridurre l’impatto ambientale dell’allevamento, ad esempio attraverso lo sviluppo di mangimi alternativi, la progettazione di sistemi di gestione delle deiezioni animali più efficienti e la selezione di razze animali più resistenti alle malattie. È fondamentale promuovere la formazione e l’aggiornamento professionale degli agricoltori, fornendo loro le conoscenze e le competenze necessarie per adottare pratiche agricole sostenibili. I consumatori hanno un ruolo cruciale nel guidare la transizione verso un modello agricolo più sostenibile, attraverso le loro scelte alimentari. Scegliere prodotti provenienti da agricoltura biologica, da allevamenti estensivi e da filiere corte e trasparenti significa sostenere le aziende che adottano pratiche sostenibili e che contribuiscono alla tutela dell’ambiente e del benessere animale. Aumentare la consapevolezza dei consumatori riguardo all’impatto ambientale e sociale delle loro scelte alimentari è fondamentale per orientare il mercato verso prodotti più sostenibili.
Secondo Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, la carne di pollo o di bovino proveniente da allevamenti estensivi costa da 10 a 30 volte di più di quella da allevamenti intensivi. Per quanto riguarda il pollame, la differenza di prezzo tra animali allevati in modo intensivo ed estensivo non supera il doppio. Per il manzo, la discrepanza è analoga e, solo in circostanze eccezionali, può raggiungere il triplo.
Verso un futuro agricolo sostenibile: un cambio di prospettiva necessario
La discussione sugli allevamenti intensivi e le loro alternative sostenibili non è solo una questione tecnica o economica, ma una riflessione profonda sul nostro rapporto con il cibo, con gli animali e con il pianeta. È un invito a ripensare il modello agricolo dominante, a superare la logica della massimizzazione del profitto a breve termine e a valorizzare la sostenibilità a lungo termine. La protesta di Greenpeace alla FAO rappresenta un segnale importante di un cambiamento in atto, un movimento di opinione pubblica che chiede un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente, degli animali e della salute umana. La transizione verso un modello agricolo più sostenibile richiede un cambio di prospettiva, un passaggio da una visione antropocentrica a una visione ecocentrica, che tenga conto del valore intrinseco di tutte le forme di vita e della necessità di preservare gli ecosistemi per le future generazioni.
È necessario promuovere un’educazione alimentare che aumenti la consapevolezza dei consumatori riguardo all’impatto ambientale e sociale delle loro scelte alimentari, incentivando il consumo di prodotti locali, di stagione e provenienti da agricoltura biologica e da allevamenti estensivi. È fondamentale sostenere le aziende agricole che adottano pratiche sostenibili, riconoscendo il loro ruolo cruciale nella tutela dell’ambiente e del paesaggio. La transizione verso un modello agricolo più sostenibile rappresenta una sfida complessa, ma anche un’opportunità unica per costruire un futuro più giusto, più sano e più sostenibile per tutti.
Un piccolo appunto di base sull’agricoltura, in relazione al tema che abbiamo trattato: la rotazione delle colture, una pratica agricola antica ma sempre attuale, prevede l’alternanza di diverse specie vegetali sullo stesso terreno nel corso degli anni. Questa tecnica, apparentemente semplice, offre molteplici vantaggi: migliora la fertilità del suolo, riduce la diffusione di parassiti e malattie, e aumenta la biodiversità. Applicata all’allevamento, la rotazione delle colture può contribuire a ridurre la dipendenza da mangimi esterni, integrando la produzione di foraggio con la coltivazione di leguminose, che fissano l’azoto atmosferico nel terreno. In sintesi, la rotazione delle colture rappresenta un esempio concreto di come le pratiche agricole sostenibili possano migliorare la produttività, la resilienza e la sostenibilità dell’agricoltura.
E una nozione un po’ più avanzata: immagina di utilizzare sensori avanzati e droni per monitorare costantemente lo stato di salute delle tue coltivazioni e dei tuoi animali. Questi strumenti, combinati con l’analisi dei dati e l’intelligenza artificiale, consentono di ottimizzare l’uso delle risorse, di individuare precocemente eventuali problemi e di intervenire in modo mirato. Questa agricoltura di precisione, applicata all’allevamento, può contribuire a migliorare il benessere animale, a ridurre l’uso di antibiotici e a ottimizzare la produzione di foraggio. In sintesi, l’agricoltura di precisione rappresenta una frontiera promettente per un’agricoltura sempre più efficiente, sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
A questo punto, mi piace lasciarti con una domanda, un invito a una riflessione personale: cosa possiamo fare, nel nostro quotidiano, per sostenere un modello agricolo più sostenibile? Quali scelte alimentari possiamo compiere per premiare le aziende che adottano pratiche rispettose dell’ambiente e del benessere animale? E come possiamo, come cittadini, sollecitare le istituzioni a promuovere politiche agricole che vadano nella direzione di un futuro più giusto e sostenibile?
- Comunicato stampa di Greenpeace sull'azione alla FAO contro allevamenti intensivi.
- Pagina della FAO relativa alla conferenza sull'allevamento sostenibile menzionata nell'articolo.
- Pagina ufficiale FAO sulla Seconda Conferenza mondiale sull'allevamento sostenibile.
- Comunicato stampa di Greenpeace sull'impatto degli allevamenti intensivi in Italia.