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Droni agricoli: burocrazia italiana frena la rivoluzione?

L'uso dei droni in agricoltura promette efficienza e sostenibilità, ma un complesso sistema normativo italiano ne limita drasticamente l'applicazione. Analizziamo le sfide e le opportunità di questa tecnologia.
  • I droni riducono di 222 milioni di tonnellate il consumo d'acqua.
  • Mercato italiano dei droni agricoli: previsto 344,5 milioni di euro entro il 2030.
  • Crescita annua stimata del mercato dei droni: circa il 26,6%.

Una Rivoluzione Ostacolata dalla Burocrazia

Nel contesto agricolo del 2025, i velivoli a pilotaggio remoto si stagliano come icone di una trasformazione tecnologica, in grado di mutare in profondità le metodologie tradizionali. L’interesse verso l’impiego di droni per la difesa fitosanitaria è in incessante ascesa, motivato dalla promessa di superiore efficacia, abbattimento dei costi e accrescimento della sicurezza. Tuttavia, tale progresso è inibito da un sistema normativo complesso e spesso obsoleto, che ne circoscrive drasticamente l’utilizzo, soprattutto nel territorio italiano.

I droni non si limitano più a semplici rilevamenti e analisi del suolo; la vera innovazione risiede nella loro capacità di eseguire trattamenti aerei con prodotti per la protezione delle colture. Questa applicazione potrebbe ottimizzare i tempi di azione, diminuire le spese operative e assicurare una maggiore incolumità per gli operatori. Ciononostante, un impedimento rilevante permane: la Direttiva 2009/128/CE, che proibisce in generale le irrorazioni aeree, concedendo deroghe solamente in circostanze particolari e previo assenso degli Stati membri.

Solamente nel 2017 la <a class="crl" href="https://www.agri-bullet.it/regolamenti/come-le-nuove-misure-europee-possono-rivoluzionare-lagricoltura/”>Commissione Europea ha chiarito che il divieto si estendeva anche ai droni, benché nel 2019 si sia aperta alla possibilità di condurre sperimentazioni, senza tuttavia modificare la sostanza della norma. Di conseguenza, ogni intervento richiede articolate procedure amministrative, lasciando un ampio margine di interpretazione ai singoli Stati.

Il Labirinto Normativo Italiano: Un Percorso ad Ostacoli

In Italia, il recepimento della direttiva europea è avvenuto tramite il Dlgs 150/2012, che ha stabilito il Piano d’Azione Nazionale (PAN). Anche questo prevede eccezioni, ma con un iter tutt’altro che spedito. Per conseguire l’autorizzazione all’utilizzo di un drone, è fondamentale presentare la domanda almeno tre mesi prima dell’intervento pianificato. Successivamente, la Regione ha un mese di tempo per inoltrare la domanda al Ministero della Salute, il quale a sua volta ha novanta giorni per formulare una risposta. A ciò si aggiungono il parere dei Comuni interessati e l’obbligo di rendere pubblica l’operazione.

La validità del PAN del 2014 si è conclusa nel 2019 e non è mai stata formalmente rinnovata, malgrado una proposta di legge del 2021 sia ancora in attesa di esame parlamentare. Tale situazione di incertezza normativa frena gli investimenti e l’adozione di questa tecnologia, nonostante i suoi evidenti vantaggi.

Nonostante le difficoltà, alcune Regioni hanno promosso iniziative autonome. I primi test sono stati avviati in Lombardia, cui hanno fatto seguito Emilia-Romagna, Toscana e Liguria. Un momento cruciale si è avuto con l’emergenza alluvionale in Emilia-Romagna nel 2023. L’impossibilità di accedere materialmente ai terreni ha legittimato una deroga straordinaria per l’utilizzo dei droni, con risultati positivi in termini di riduzione della dispersione del prodotto, maggiore sicurezza per gli operatori e velocità nell’azione. In virtù di tali risultati, il Ministero della Salute ha esteso le autorizzazioni anche al 2025, comprendendo un numero maggiore di colture, come cipolla, pomodoro e vite. Anche alla Lombardia è stato accordato il consenso per ulteriori prove in Valtellina e Lomellina.

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  • 🤔 E se invece i droni creassero nuovi problemi ambientali... ...

Sfide Tecniche e Regolamentazione: Un Equilibrio Precario

Sul fronte tecnologico, i droni attualmente disponibili sono in grado di trasportare serbatoi con una capacità fino a 40 litri, tuttavia l’autonomia rimane limitata, aggirandosi intorno ai 7-10 minuti con carico massimo. Un incremento della capacità implica un aumento del peso, che richiede l’utilizzo di batterie più potenti, a discapito della stabilità in volo e con un’ulteriore riduzione della durata operativa. La quota di volo rappresenta un altro fattore critico: volare a un’altezza superiore permette di coprire una superficie maggiore, ma al contempo aumenta il rischio di deriva del prodotto irrorato. In contesti difficili come i vigneti su terreni inclinati, i sistemi radar dei droni incontrano difficoltà nel mantenere l’altitudine costante impostata, con conseguente perdita di precisione nel trattamento.

Per poter operare legalmente con i droni nel settore agricolo, è imperativo conformarsi alle direttive emanate dall’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile). Gli addetti devono ottenere un’abilitazione specifica per il volo, effettuare la registrazione sulla piattaforma D-Flight, stipulare un’assicurazione di responsabilità civile e, per droni con un peso superiore ai 25 kg, procurarsi un’autorizzazione speciale per le operazioni professionali.

Un ulteriore impedimento è costituito dalla normativa riguardante i prodotti fitosanitari. La legge stabilisce che l’utilizzo aereo di tali sostanze è consentito solo se l’etichetta ne indica espressamente la possibilità di impiego con mezzi volanti. Attualmente, non esiste alcun prodotto fitosanitario commercializzato con la registrazione per l’applicazione tramite drone, rendendo di fatto impossibile qualsiasi impiego legale al di fuori delle attività di sperimentazione. La sola situazione particolare attiene ai biostimolanti, che costituiscono l’unica classe di prodotti attualmente permessa.

Nonostante questi vincoli, i benefici dell’irrorazione effettuata con droni sono lampanti: rapidità nell’intervento, efficienza nelle operazioni e maggiore sicurezza per il personale. Le prove condotte a livello regionale confermano questo potenziale. Ciò nonostante, il quadro normativo rimane l’ostacolo principale. Per dare un reale impulso a questa innovazione, sarebbe necessario un cambiamento significativo a livello legislativo, attraverso un aggiornamento della direttiva europea, una semplificazione delle procedure autorizzative in Italia e la registrazione di agrofarmaci idonei all’uso aereo tramite drone.

Verso un Futuro Sostenibile: Innovazione e Regolamentazione in Armonia

L’adozione dei droni in agricoltura non è solo una questione di efficienza e riduzione dei costi, ma anche di sostenibilità ambientale. Il rapporto Agricultural Drone Industry Insight di DJI evidenzia un risparmio complessivo di oltre 222 milioni di tonnellate d’acqua e una diminuzione delle emissioni di 30,87 tonnellate di CO2 grazie all’impiego dei droni. Questi risultati concorrono al raggiungimento degli obiettivi delineati dalla strategia Farm to Fork dell’Unione Europea, che mira a dimezzare l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti entro il 2030.

Il mercato dei droni per uso agricolo sta vivendo una fase di rapida crescita. In Italia, nel 2024 ha generato entrate per circa 85,3 milioni di euro, e si prevede che entro il 2030 possa raggiungere i 344,5 milioni, con un tasso di crescita annuo del 26,6%. L’impiego si sta affermando in aree come Piemonte, Veneto e Toscana, in particolare nei vigneti e negli oliveti, per una gestione delle colture più precisa e attenta all’ambiente.

Tuttavia, per sfruttare appieno le potenzialità dei droni in agricoltura, è indispensabile un approccio olistico che consideri gli aspetti tecnici, normativi e ambientali. È cruciale investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie più performanti e sicure, snellire le procedure burocratiche e promuovere la formazione degli operatori. Solo così sarà possibile trasformare la rivoluzione dei droni in una realtà concreta e duratura per l’agricoltura di domani.

Oltre il Divieto: Un Nuovo Orizzonte per l’Agricoltura di Precisione

La situazione attuale, caratterizzata dal divieto generalizzato di irrorazione dall’alto e dalle complicate procedure per ottenere deroghe, costituisce un freno allo sviluppo dell’agricoltura di precisione. È necessario superare questa visione restrittiva e adottare un approccio più flessibile e pragmatico, che tenga conto dei progressi tecnologici e dei benefici ambientali che i droni possono offrire.

Un esempio virtuoso è rappresentato dall’esperienza dell’Emilia-Romagna durante l’emergenza alluvionale del 2023, quando l’uso dei droni si è rivelato fondamentale per proteggere le colture e garantire la sicurezza degli operatori. Questo caso dimostra che, in determinate circostanze, i droni possono rappresentare una soluzione efficace e sostenibile, in grado di superare le limitazioni dei metodi tradizionali.

È auspicabile che il legislatore italiano prenda esempio da altri Paesi europei, che hanno adottato normative più permissive e favorevoli all’uso dei droni in agricoltura. Un quadro normativo chiaro e semplificato, unito a incentivi per l’acquisto di droni e alla formazione degli operatori, potrebbe sbloccare il potenziale di questa tecnologia e contribuire a rendere l’agricoltura italiana più competitiva e sostenibile.

Amici, parliamoci chiaro: l’agricoltura è un’arte antica, ma non può restare ancorata al passato. L’irrorazione, ad esempio, è una pratica fondamentale per proteggere le nostre colture, ma spesso comporta l’uso di grandi quantità di acqua e prodotti chimici. L’agricoltura di precisione, invece, ci permette di intervenire solo dove serve, riducendo gli sprechi e l’impatto ambientale.

E qui entra in gioco la nozione base: la “dose variabile”. Immaginate di avere un campo con zone più colpite da una malattia e altre meno. Con la dose variabile, grazie a sensori e software avanzati, possiamo applicare la quantità di prodotto necessaria solo nelle zone più a rischio, evitando di trattare inutilmente le altre.

Ma non finisce qui! L’agricoltura avanzata ci offre anche la possibilità di utilizzare “modelli previsionali”. Questi modelli, basati su dati meteorologici, biologici e agronomici, ci permettono di anticipare l’insorgenza di malattie e parassiti, intervenendo in modo preventivo e mirato.

Allora, cosa ne pensate? Non è forse affascinante come la tecnologia possa aiutarci a coltivare in modo più intelligente e sostenibile? Forse è il momento di guardare al futuro con occhi nuovi e di abbracciare le opportunità che l’agricoltura di precisione ci offre.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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