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- PM2.5 fino a 20 volte i limiti OMS in Amazzonia.
- 30 milioni di ettari inceneriti vicino a impianti JBS (2019-2024).
- Quasi il 75% dei suoli incendiati convertiti in pascolo.
L’Amazzonia, un ecosistema di importanza planetaria, si trova ad affrontare una crisi senza precedenti a causa dell’agribusiness. Ricerche recenti indicano che l’aria in diverse zone della foresta pluviale brasiliana risulta più contaminata rispetto a metropoli come Pechino o San Paolo. Questo dato allarmante emerge alla vigilia della COP30, in programma a Belém, in Amazzonia, e suscita interrogativi urgenti sulle pratiche agricole e i loro impatti ambientali.
Inquinamento atmosferico: un’emergenza sanitaria
Un rapporto di Greenpeace International, intitolato “Toxic Skies: How Agribusiness is Choking the Amazon”, evidenzia come le persone che vivono nel cuore dell’Amazzonia respirino livelli di polveri sottili (PM2.5) con concentrazioni fino a venti volte superiori ai limiti fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questo inquinamento non è un fenomeno naturale, bensì deriva principalmente da roghi appiccati deliberatamente per bonificare terreni agricoli, impiegati specialmente per l’allevamento del bestiame e la produzione di mangimi.
Nelle località di Porto Velho (Rondônia) e Lábrea (Amazonas), durante la stagione degli incendi del 2024, i livelli di PM2.5 hanno ecceduto i 300 µg/m³, un valore che supera di venti volte le soglie dettate dall’OMS. Nonostante un calo degli incendi, nel 2025 i valori medi giornalieri si sono attestati sei volte al di sopra dei limiti di sicurezza. Malgrado la ricchezza della sua copertura arborea, questi riscontri pongono l’Amazzonia fra le zone più inquinate del globo.

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L’impatto dell’agribusiness: un circolo vizioso
Il rapporto di Greenpeace rivela che oltre 30 milioni di ettari di foresta, un’area paragonabile all’Italia per estensione, sono stati inceneriti tra il 2019 e il 2024 entro un raggio di 360 chilometri dagli impianti della multinazionale JBS, la più grande produttrice di carne a livello mondiale. Quasi il 75% dei suoli incendiati nei dintorni di Porto Velho è stato convertito a pascolo, suggerendo un uso sistematico del fuoco per l’espansione dell’allevamento bovino.
Questa dinamica ha reso Porto Velho una delle città più inquinate del Brasile, nonostante le sue dimensioni contenute e la quasi totale assenza di attività industriali. L’inquinamento atmosferico comporta serie ripercussioni sulla salute pubblica, con un incremento dei ricoveri per patologie respiratorie, in particolare tra la popolazione infantile e anziana.
Comunità indigene: in prima linea nella crisi
Le comunità indigene sono tra le più colpite dalla deforestazione e dagli incendi. Il capo Zé Bajaga Apurinã, del territorio Caititu, denuncia le continue invasioni, gli incendi e la deforestazione che distruggono la loro terra e inquinano l’aria. Gli alberi vengono abbattuti per fare spazio a piantagioni di soia e pascoli, mettendo a rischio la sopravvivenza delle comunità indigene e la conservazione della foresta.
Le comunità indigene rivendicano il rispetto per la Terra, per le foreste e per le popolazioni che le difendono. La loro voce deve essere ascoltata e le loro istanze devono essere considerate nella definizione di politiche ambientali efficaci.
Verso un futuro sostenibile: le richieste alla COP30
Alla COP30 di Belém, Greenpeace esorta i governi a deliberare un Piano d’Azione per le Foreste, con l’intento di arrestare e invertire la deforestazione entro il 2030, in armonia con gli impegni delle Nazioni Unite. Tra le principali proposte, figura l’allineamento del settore agroindustriale agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e del Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal.
È fondamentale interrompere i rapporti economici con i produttori di carne e mangimi responsabili di deforestazione e incendi, e finanziare direttamente i popoli indigeni e le comunità locali per la protezione e il ripristino delle foreste. Inoltre, è imprescindibile promuovere una transizione verso sistemi alimentari equi e sostenibili, riducendo al contempo le emissioni di metano.
Un Imperativo Etico e Ambientale: Proteggere l’Amazzonia
La situazione in Amazzonia è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare. La distruzione della foresta pluviale, causata principalmente dall’agribusiness, non solo minaccia la biodiversità e il clima globale, ma ha anche gravi conseguenze sulla salute e sul benessere delle comunità locali, in particolare dei popoli indigeni.
È tempo di agire con decisione per proteggere l’Amazzonia e promuovere un modello di sviluppo sostenibile che rispetti l’ambiente e i diritti umani. La COP30 rappresenta un’opportunità cruciale per i governi di dimostrare il loro impegno verso un futuro più verde e giusto.
Un concetto base dell’agricoltura correlato a questo tema è l’agroecologia, un approccio che integra i principi ecologici nella gestione agricola. L’agroecologia mira a creare sistemi agricoli resilienti, diversificati e sostenibili, riducendo la dipendenza da input esterni come pesticidi e fertilizzanti chimici.
Una nozione di agricoltura avanzata applicabile al tema è l’agricoltura rigenerativa, un sistema che si concentra sul ripristino della salute del suolo, l’aumento della biodiversità e la cattura del carbonio atmosferico. L’agricoltura rigenerativa può contribuire a mitigare i cambiamenti climatici e a migliorare la resilienza degli ecosistemi agricoli.
Amici lettori, riflettiamo insieme: cosa possiamo fare, nel nostro piccolo, per sostenere un’agricoltura più sostenibile e proteggere l’Amazzonia? Le nostre scelte alimentari, il nostro supporto a prodotti certificati e il nostro impegno a sensibilizzare l’opinione pubblica possono fare la differenza. Non dimentichiamo che il futuro del nostro pianeta è nelle nostre mani.
- Studio di Greenpeace sull'inquinamento atmosferico causato dall'agribusiness in Amazzonia.
- Comunicato sulla mancata promessa di JBS di fermare la deforestazione.
- Pagina del MASE dedicata alla COP30, rilevante per il contesto dell'articolo.
- Approfondimenti sull'aiuto di Greenpeace alle comunità indigene amazzoniche.








